“Come si comporterebbe [Musk] nei confronti di qualcuno che dice che i vaccini uccidono le persone, o che Bill Gates le sta tracciando? Quando non hai personaggi fidati che parlano di vaccini, è piuttosto difficile per la piattaforma gestire tutto questo, penso che abbiamo un problema di leadership e un problema con la piattaforma.”
Così Bill Gates è intervenuto sul dibattito sulla libertà di espressione sui social, commentando l’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk e palesando i propri timori sulla disinformazione on line e sul futuro del noto social. Il fondatore di Microsoft, ospite del Summit organizzato dal Wall Street Journal, ha affermato che Musk potrebbe peggiorare Twitter e che non andrebbe sottovalutato.
Secondo quanto riportato dalla CNBC, Gates ha annunciato di voler creare una squadra di 3.000 persone per combattere la disinformazione sui vaccini. Il filantrocapitalista ha affermato di volere che i social media diventino un luogo sicuro con “messaggi positivi” scritti da “persone di fiducia nella comunità, come i leader politici ed etnici.” Fuori dai denti: che a scrivere sui social siano solo quelli che piacciono ai padroni delle idee. E che i messaggi postati siano sempre in linea con la narrazione cara a Big Pharma e al pensiero unico.
Insomma, per prevenire una nuova politica su Twitter, dato che Musk si è più volte esposto a difesa della libertà di parola, Gates risponde invece invocando una stretta liberticida: più censura per salvaguardare l’informazione certificata che piace ai padroni delle idee. (vedi articolo)
Sfruttando il settore della “beneficenza”, l’influenza di Gates sta ormai investendo ogni settore, dall’educazione alla salute, dalle politiche sociali all’agricoltura, toccando persino l’informazione, inserendosi nel dibattito sulle fake news e arrivando a finanziare progetti legati al fact-checking volti di fatto a consolidare la narrativa pandemica, creare una informazione certificata e a legittimare la censura. Grazie alla sua fondazione, la Bill & Melinda Gates, il miliardario adotta lo stesso approccio monopolistico esercitato con Microsoft: grazie alla sua fondazione, ha iniziato a creare partnership pubblico-private e a relazionarsi con la comunità scientifica, le organizzazioni non governative e le istituzioni internazionali.
Se sono ormai arcinote le sue ingerenze in questi settori, solo recentemente si è scoperto che Gates ha finanziato in maniera silenziosa anche decine e decine di mass media, organizzazioni e associazioni giornalistiche, corsi di giornalismo investigativo e Università al fine di spingere la narrazione a lui gradita e plasmare l’opinione pubblica sui temi a lui cari, come riportava Michele Manfrin per L’Indipendente.
Ora il suo intervento contro Musk segue il solco tracciato da un altro filantrocapitalista, lo speculatore finanziario George Soros che ha deciso di investire nell’ennesima iniziativa per combattere le fake news. Insieme a Reid Hoffman, cofondatore di LinkedIn, ha investito nel progetto “Good Information”, nuova società che ha come obiettivo quello di sostenere le società dei media nella lotta alla disinformazione. Good Information mira a finanziare e sostenere realtà che fanno fact-checking, così come le redazioni locali. Oltre a Hoffman e Soros, nel progetto sono coinvolti anche Ken e Jen Duda e il fondo Incite Ventures.
Il gruppo è guidato da Tara McGowan, ex stratega democratica che in precedenza gestiva un’organizzazione no-profit progressista chiamata acronym e nelle scorse elezioni ha organizzato una campagna contro Donald Trump. Si parla di 100 milioni di dollari spesi per screditare Donald Trump. Inutile ricordare che Soros ha partecipato attivamente alle ultime campagne presidenziali, inondando di soldi i candidati democratici: solo nel 2020 ha investito quasi 50 milioni di dollari per sostenere Joe Biden, soldi fatti arrivare attraverso la rete Democracy pac.
E già a questo punto potrebbe sorgere il vago sospetto che l’obiettività politica della piattaforma sia solo un miraggio…
Un miraggio anche per la nuova struttura voluta dalla Casa Bianca. Nella settimana della giornata mondiale per la libertà di stampa, Biden è corso ai ripari per drenare il calo di consensi della sua amministrazione, crollata ai minimi storici, e per mettere un freno al dissenso con la costituzione del Disinformation Governance Board, un ufficio il cui scopo sarà quello di contrastare la disinformazione, che vede la luce in seno al Department of Homeland Security (DHS) statunitense (ossia del Dipartimento per la Sicurezza Interna americano, che ha il compito di difendere il Paese dagli attacchi terroristici).
Alla guida del Disinformation Governance Board ci sarà la debunker Nina Jankowicz, che vanta una cattedra da assistente al Wilson Center con specializzazione proprio in tecniche di disinformazione e, soprattutto, un ruolo da advisor presso il ministero degli Esteri di Kiev in seno a un’iniziativa patrocinata dalla Fulbright-Clinton Public Policy Fellowship. Infine, ha supervisionato i programmi in Russia e Bielorussia presso il National Democratic Institute. Per non farsi mancare nulla, è una fan accanita della schwa, non usa mai la parola “mamma” ma “birth person”. Insomma, è politicamente corretta e sostiene la causa “gender”. E possiamo dire che appare ideologicamente schierata e non lo nasconde nemmeno.
Peccato che, sul fronte della disinformazione, la Jankowicz abbia dimostrato di avere non pochi problemi a distinguere la genuinità o meno di un’informazione… Riproponendo l’amletico dubbio: chi controlla i controllori nel campo dell’informazione e del debunking?
Insomma, non bastavano le schiere di fact-checkers, né Good Information e nemmeno il Miniver orwelliano di Biden. Mancava all’appello soltanto la squadra di Inquisitori digitali focalizzati sui vaccini al soldo di Bill Gates.