Enrica Perucchietti – Blog

Giornalista e scrittrice. Ciò che le TV e i media non ti dicono

Siamo nel 2022. La Terra è devastata dall’inquinamento e dalla sovrappopolazione. La vegetazione non esiste quasi più e il clima è torrido. New York è un formicaio di fatiscenti palazzi di cemento in cui sono pressati 40 milioni di abitanti. La situazione è drammatica: la società è in completa rovina. La disoccupazione è dilagante, il crimine in costante aumento.

La diseguaglianza sociale è drammatica: la società è divisa tra ricchi e poveri. Acqua e cibo sono infatti razionati. I poveri devono nutrirsi del Soylent verde (la parola è la contrazione tra “soy beans” e “lentis”: semi di soia e lenticchie), mentre i ricchi possono ancora assaporare i sempre più introvabili cibi genuini. La carne, più unica che rara, è venduta a prezzi proibitivi.

Il cibo è infatti il problema maggiore dell’umanità. L’unica risorsa rimasta solo le gallette nutritive del Soylent verde. La pubblicità afferma che il plancton è la materia prima del Soylent verde, l’ultimo prodotto della ditta Soylent.

Il protagonista è un poliziotto, Thorn, che scoprirà a sue spese che quelle gallette che dovrebbero servire per sfamare tutta la popolazione, sono in realtà composte con i cadaveri umani…   

La Soylent esaurita la scorta di plancton confeziona infatti il cibo con la carne dei cadaveri.

È la trama del film distopico di Richard Fleischer 2022: i sopravvissuti, interpretato da Charlton Heston. Uscito nelle sale nel 1973, è tratto liberamente dal romanzo distopico di Harry Harrison, Largo! Largo! del 1966 (il romanzo si ambienta nel 1999).

Ebbene proprio come nel romanzo di Harrison, Bill Gates ha deciso che nel futuro i cittadini dei Paesi ricchi dovrebbero mangiare carne sintetica per combattere il riscaldamento climatico:

«I Paesi ricchi dovrebbero mangiare carne sintetica al 100 per cento. Ci si può abituare alla differenza di gusto, senza contare che, nel tempo, verrà resa ancora più appetitosa».

La locandina del film Soylent green

Così il cofondatore di Microsoft e filantropo americano, in una intervista rilasciata alla rivista MIT Technology Review, parla di come vuole riprogrammare la “nuova normalità” in una maniera che evoca lo scenario distopico di Soylent Green.

La carne sintetica è già sbarcata in Italia: è composta al 100% da proteine vegetali frutto di una ricerca condotta dall’università statunitense di Stanford, che ha isolato gli aminoacidi dei piselli paragonabili a quelli della carne bovina.

Bill Gates.

Beyond Meat, la start up californiana che la produce, ha stipulato un accordo per la distribuzione con la catena di ristorazione italiana Welldone che, nata a Bologna, oggi conta 15 punti vendita tra Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Sardegna.

In linea con le tematiche green dei sostenitori del Gran Reset, Gates si dice preoccupato per le sorti del pianeta e sproloquia a proposito di un disastro climatico senza precedenti che pare avvinarsi:

«Per evitarlo dovremmo cominciare a cambiare la nostra alimentazione, passando ad esempio al consumo di manzo sintetico e a prodotti alternativi a base vegetale».

Il miliardario punta il dito contro gli allevamenti di carne bovina, per il forte contributo

«alle emissioni di gas metano. La cui quantità nell’atmosfera, tra il 2000 e il 2017, è cresciuta a dismisura arrivando a eguagliare i livelli dell’industria dei combustibili fossili». A suffragio delle sue affermazioni snocciola le stime Fao, «secondo cui i 223 milioni di tonnellate di carne consumati nel 2020, entro il 2050 saliranno a 465 milioni».

Gates si dice preoccupato della quantità di anidride carbonica emessa per l’allevamento di ogni capo, sventalonado così lo spettro del riscaldamento globale che, complice la nuova visione ecologista, sta riscrivendo nel bene e nel male la “nuova normalità”. Nel bene perché si sensibilizza l’opinione pubblica e i Paesi ad adottare misure “green” volte a inquinare meno a sviluppare una maggiore tutela nei confronti degi animali e dlel’ambiente. In male perché come al solito le élite sfruttano delle tematiche in apaprenza positive per arrivare ad altro: il Grande Reset.

 

Il Grande Reset

«È arrivato il momento di un “Grande Reset” del capitalismo».

Così durante una riunione virtuale che si è tenuta lo scorso 3 giugno, il fondatore del World Economic Forum (WEF), l’ingegnere ed economista tedesco Klaus Schwab, ha invitato i leader mondiali ad abbracciare la nuova teoria del “Grande Reset”.

«La pandemia – ha detto Schwab – ci ha mostrato quanto rapidamente possiamo effettuare cambiamenti radicali nel nostro stile di vita… e rappresenta una rara quanto stretta finestra di opportunità per riflettere, ripensare e riorganizzare il nostro mondo».

Il Grande Reset viene presentato come “un’occasione” derivante dal Covid-19 in quanto il cambiamento climatico viene considerato come il motivo alla base della pandemia.

Schwab parte dall’idea di poter pensare una nuova forma di  capitalismo più sostenibile e più solidale, aperto alla digitalizzazione e anche al “green”. Messa così sembra una visione intrigante, ideale, persino utopistica. Se leggiamo però le opere dello stesso Schwab ci accorgiamo, in estrema sintesi, che il Gran Reset è la promozione di un’Agenda globale volta a scardinare e ristrutturare l’economia mondiale secondo linee specifiche, molto simili a quelle sostenute dall’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), da Greta Thunberg e da personaggi quali Al Gore o Larry Fink della Blackwater.

Non si tratta, però, come molti economisti pensano, “solo” di un reset dell’economia mondiale, perché il crollo dell’economia industriale si pone come trampolino di lancio – un’opportunità appunto – per ben altri obiettivi che coinvolgeranno e sconvolgeranno l’intera società.

Su questo Schwab è molto chiaro nel descrivere nel suo La quarta rivoluzione industriale, uno stravolgimento globale della nostra società in una direzione post-umana che «combina diverse tecnologie, dando luogo a cambi di paradigma senza precedenti» in quanto il suo ambito di applicazione

«include anche lo sviluppo simultaneo di tantissime innovazioni nei settori più disparati, dal sequenziamento del DNA alla nanotecnologia, dalle energie rinnovabili all’informatica quantistica».

 

Dal Grande Reset al post-umano

Il «Time» ha dedicato al Gran Reset un numero speciale, uscito nelle edicole internazionali giovedì 22 ottobre 2020, in cui la domanda a cui si cerca di rispondere è: “Come sarà il futuro?”. All’interno troviamo anche un contributo dello stesso Schwab che offre un’anticipazione del suo prossimo libro Stakeholder Capitalism pubblicato nel gennaio 2021, dopo Covid-19: The Great Reset (scritto insieme al direttore del Global Risk Network dello stesso WEF, Thierry Malleret) e La quarta rivoluzione industriale (pubblicato in Italia per Franco Angeli con la prefazione di John Elkann).

L’Agenda del Grande Reset è composta da diversi punti cruciali che vengono analizzati nel dettaglio dallo stesso Schwab nelle sue opere e che possiamo riassumere in: globalizzazione, decarbonizzazione, digitalizzazione (grazie all’implementazione di reti 5G e 6G), Intelligenza Artificiale e automazione (e conseguente “sostituzione del lavoro umano”), moneta digitale, Internet delle cose, identità digitale e biometrica per tutti, robotica avanzata, sharing economy, capitalismo della sorveglianza e in definitiva, il transumanesimo con potenziamento umano, ibridazione uomo-macchina, biologia di sintesi, editing genomico, xenotrapianti e molto altro ancora («[…] assisteremo alla creazione di bambini i cui geni sono stati progettati e che posseggono tratti particolari o sono immuni da particolari malattie»).

L’idea di fondo è massimizzare l’efficienza produttiva e di consumo grazie alla digitalizzazione, la cosiddetta “platform revolution” (“effetto piattaforma” con la concentrazione di poche ma potenti reti che dominano il mercato), la robotica, all’Intelligenza Artificiale e all’uso integrato dei Big Data, in modo da controllare, monitorare e ottimizzare non solo il ciclo produttivo ma ogni aspetto della nostra vita.

In linea con il cosiddetto “capitalismo dei disastri” che si ispira alle teorie economiche di Milton Friedman e che sfrutta momenti di crisi e schock globali come opportunità per imporre le proprie “ricette economiche”, per il gruppo di Davos l’emergenza sanitaria è vista come un’occasione, per spingere l’acceleratore della globalizzazione e avviare un processo di modernizzazione in apparenza “green” capace di ridurre il proprio impatto ecologico attraverso una digitalizzazione sia della catena produttiva sia di quella per la distribuzione di beni e servizi.

Tale processo, in realtà, al di là dei proclami buonisti e solo in apparenza utopistici, prevede la perdita di milioni di posti di lavoro. Non a caso nel report aggiornato della banca UBS, durante il lockdown molti miliardari sono riusciti a incrementare di oltre un quarto il valore del loro patrimonio.

Basti pensare a Jeff Bezos che da marzo ha visto crescere gli ordini su Amazon portando a un incremento del suo patrimonio di 76 miliardi. E grazie all’effetto piattaforma, l’“amazonizzazione” della società è uno dei punti chiave del Grande Reset.

Dietro la maschera dell’utopia e dell’ecologismo, ci troviamo dinanzi all’ennesima distopia elitaria portata avanti dai rappresentanti della tecnocrazia: questa teoria prevede una sostanziale erosione dei redditi della classe media per consentire sia la riduzione di consumi ed emissioni, sia un’uguaglianza di reddito che si traduce in un livellamento verso il basso, con conseguente trasferimento del reddito sottratto alla classe media verso il vertice della piramide.

La divaricazione nella ridistribuzione dei redditi è talmente evidente che il piano prevede anche un reddito di sussistenza erogato dallo Stato a quei lavoratori che saranno lasciati indietro dalla rivoluzione tecnologica.

Non è esagerato affermare che, complice la pandemia, si sta realizzando il sogno delle élite mondialiste: dividere la società in due livelli, da una parte il potere economico detenuto da una ristretta cerchia tecno-finanziaria di super ricchi, dall’altra la “massa” indistinta di individui sempre più poveri, soli, senza legami, diritti e senza radici, facili quindi da sfruttare e controllare per il governo globale sempre più post-umano che si sta costruendo.

 

La moda di mangiare insetti

È interessante notare come l’attuale moda “vegana” abbia preso una deriva bizzarra, arrivando ad accettare di introdurre sulle nostre tavole carne e pesce artificiale (in linea con l’orizzonte post-umano del transumanesimo che si pone come dottrina “spirituale” del mondialismo) oppure una dieta che accolga nei nostri piatti anche gli insetti, ossia l’entomofagia.

Premesso che sono vegetariana da 25 anni e che dunque non è mia intenzione “giudicare” regimi dietetici alternativi, mi sembra però che si stia “spingendo” per l’assunzione di alimenti alternativi, quasi si prefigurasse per il nostro futuro una divisione in caste tra i poveri costretti a mangiare insetti, frutta e verdura (che ovviamente saranno OGM, mica biologici!) e i sempre più ricchi a cui nulla sarà interdetto, tantomeno la carne che sarà appunto un lusso per pochi eletti.

La teoria della gradualità, declinata nel Principio della Rana Bollita di Noam Chomksy o nella Finestra di Overton, sembra ora voler sdoganare nell’opinione pubblica occidentale anche l’introduzione di insetti sulle nostre tavole, carne artificiale, cibi geneticamente modificati. Nascono così start-up che si occupano di creare cibi a base di farina di grilli o di altri insetti commestibili disponibili anche in Italia.

Come spiegavo in questo articolo, la FAO ha lanciato da alcuni anni il programma Edible insects per promuovere la diffusione dell’entomofagia, già seguita da circa 2 miliardi di persone nel mondo, principalmente in Asia, Africa e America Centrale. Ciò avviene in base alle stime di sovrappopolazione che vedono la Terra, nell’anno 2050, popolata da circa 9 miliardi di persone. Gli insetti, pertanto, potrebbero diventare una “necessaria” fonte di cibo, sia per la loro ricchezza nutrizionale sia per il minor impatto ambientale del loro allevamento.

Per ovviare al problema della sovrappopolazione rientra anche la produzione di carne e pesce artificiali, prodotti cioè in laboratorio. L’obiettivo, in apparenza “legittimo”, sarebbe anche in questo caso, quello di risparmiare al pianeta lo sfruttamento delle risorse ambientali.

Ma è proprio questo lo scopo?

Il “progresso” legittima tutto ciò che è “sintetico” e dall’altra rimodella la società in due macro caste metaforicamente simili agli Eloi e ai Morloch di cui parlava H.G. Wells ne La macchina del tempo, o proprio Harrison in Largo! Largo!.

Forse i ricchi del futuro non mangeranno fisicamente i poveri come fanno i Morloch nel romanzo di Wells e non finiranno triturati nelle gallette del Soylent verde di Harrison, ma costoro rappresenteranno per loro “carne da macello”, come lo siamo ora per i governanti. E come lo siamo sempre stati. Manodopera da sfruttare, sorvegliare e controllare. Manodopera da manipolare, riprogrammandone le menti e le abitudini, persino a tavola.