Enrica Perucchietti – Blog

Giornalista e scrittrice. Ciò che le TV e i media non ti dicono

Non si sentiva il nome di Soros da qualche settimana. Ed eccolo rispuntare, come nel gioco della talpa, insieme a Reid Hoffman, cofondatore di LinkedIn, in prima linea per combattere le fake news. O meglio, per sostenere la narrativa mainstream e contrastare l’informazione alternativa, ormai derubricata a mera “disinformazione”.

Dopo essersi infatti concentrato sulla condanna di “informazioni false e fuorvianti” che a suo dire proliferano esclusivamente online, Soros ha infatti deciso di investire in una nuova iniziativa per combattere le fake news. Ne parla il sito Axios, raccontando la nascita di Good Information, nuova società che ha come obiettivo quello di sostenere le società dei media nella lotta alla disinformazione.

Good Information mira a finanziare e sostenere realtà che fanno fact checking, così come le redazioni locali. Oltre a Hoffman e Soros, nel progetto sono coinvolti anche Ken e Jen Duda e il fondo Incite Ventures.

Il gruppo sarà guidato da Tara McGowan, ex stratega democratica che in precedenza gestiva un’organizzazione no-profit progressista chiamata ACRONYM e nelle scorse elezioni ha organizzato una campagna contro Donald Trump. Si parla di 100 milioni di dollari spesi per screditare Donald Trump. Inutile ricordare che Soros ha partecipato attivamente alle ultime campagne presidenziali, inondando di soldi i candidati democratici: solo nel 2020 ha investito quasi 50 milioni di dollari per sostenere Joe Biden, soldi fatti arrivare attraverso la rete Democracy PAC.

E già a questo punto potrebbe sorgere il vago sospetto che l’obiettività politica della piattaforma sia solo un miraggio…

Good Information, Inc. è stato lanciato martedì come “un incubatore civico impegnato a investire in soluzioni immediate che contrastano la disinformazione e aumentano il flusso di buone informazioni online” e investirà in nuove attività e soluzioni che affrontano la crisi della disinformazione. Ossia, verranno privilegiate quelle realtà che sostengono l’informazione mainstream. E’ la stessa società a chiarirlo, suggerendo la necessità della censura, attraverso una “regolamentazione delle piattaforme dei social media“.

Ormai a livello globale, la lotta contro la lotta contro le fake news è un grimaldello per scardinare la libertà di informazione ed espressione.

Da un lato, infatti, stiamo assistendo al tentativo di creare una informazione certificata, le notizie col “bollino” di coloro che si arrogano il diritto e l’autorevolezza di essere gli unici depositari della verità, sostenendo il controllo e la revisione dei contenuti che non collimano con il catechismo del pensiero unico.

A ciò fa seguito una repressione censoria, incentivata dal Potere e acclamata dai media tradizionali, in evidente crisi di seguito oltre che di vocazione, che si è consolidata come una moderna forma di Inquisizione digitale con un nutrito apparato di debunkers e fact-checkers che è finito per fare da stampella agli algoritmi che revisionano ed epurano i contenuti scomodi sui social network.

Plasmare, manipolare e uniformare l’opinione pubblica serve non solo a imporre un conformismo delle idee e a controllare ed etero-dirigere le masse. Un modo per creare un essere umano “intercambiabile” e “unidimensionale”, come spiega Michel Onfray in Teoria della dittatura, «un uomo cioè che pensa come tutti gli altri, agisce come tutti gli altri, gode come tutti gli altri e riflette come tutti gli altri». Un clone tra i cloni che sia talmente svuotato e spersonalizzato da essere stato riempito dalla propaganda e dalla disinformazione del regime e che non prenda in considerazione non solo di non dissentire, ma nemmeno di macchiarsi di “psicoreato”.

Il conformismo e l’omologazione degli ultimi anni sono stati incentivati dagli stessi media che, durante la pandemia, hanno perso l’occasione di accertare i fatti, inducendo inizialmente una virtualità dell’informazione, per poi inoculare dosi quotidiane di paura nelle masse. I media sono di fatto diventati indistinguibili dalla propaganda e, con una forma di criminologia sanitaria, hanno terrorizzato l’opinione pubblica, incentivato la delazione, indotto un senso di disperazione, solitudine, vuoto e spaesamento nei cittadini, colpevolizzato coloro che pensano in modo alternativo (ricorrendo a una serie di fallacie e alla patologizzazione del dissenso) e dispensato tonnellate di “moralina” per educare le masse.

Ora si aggiunge questa piattaforma anti-bufale con l’evidente obiettivo di strumentalizzare la lotta alla disinformazione come pretesto per silenziare le opinioni dissidenti e critiche nei confronti del Sistema e del pensiero unico.


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