Aldous Huxley: un metodo farmacologico per “piegare” le menti dei cittadini
«Credo che le oligarchie troveranno forme più efficienti di governare e soddisfare la loro sete di potere e saranno simili a quelle descritte in Il mondo nuovo».
In una lettera del 21 ottobre 1949, lo scrittore Aldous Huxley scriveva a George Orwell che nel prossimo futuro il potere avrebbe presto attuato «the ultimate revolution»: «inducendo le persone ad amare il loro stato di schiavitù».
Huxley si mostrava convinto che i governanti avrebbero assunto la forma della dittatura “dolce”, in quanto avrebbero trovato nell’ipnotismo, nel condizionamento infantile e nei metodi farmacologici della psichiatria un’arma decisiva per piegare le menti e il volere delle masse. Un’ipotesi che il romanziere inglese avrebbe confermato nel 1958 nel suo saggio Ritorno al mondo nuovo.
Nel 1932 lo stesso Huxley aveva ambientato il suo capolavoro distopico, Il mondo nuovo, in un mondo globale pacificato, in cui una droga di Stato, il soma, controlla lo stato d’animo dei cittadini.
Nella distopia huxleyana non c’è posto per le emozioni forti, per l’amore per l’odio o per il dissenso. Non c’è spazio per l’intuizione, l’arte, la poesia, la famiglia.
Le persone sono arrivate ad amare le proprie catene perché sono state manipolate prima ancora della nascita tramite l’eugenetica e da adulte sono totalmente spersonalizzate e manipolate nel profondo.
In questo modo non è possibile alcuna forma di ribellione. E il potere ha raggiunto il proprio scopo: fare in modo che i cittadini non diano fastidio.
Di fatto per creare una società apparentemente perfetta e pacificata si devono controllare se non addirittura annientare, cancellare, le emozioni, rendendo i cittadini degli zombie.
Il caso di Dario Musso
Nei giorni scorsi la Procura di Agrigento ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per i reati di abuso d’ufficio, reati contro la libertà personale e lesioni in seguito a un TSO (trattamento sanitario obbligatorio) perpetrato nei confronti di Dario Musso di Ravanusa.
Il Garante nazionale delle persone private della libertà, ha chiesto una relazione di informazione al sindaco e alle autorità sanitarie, relativamente alle modalità di attuazione e al successivo sviluppo di tale trattamento. (Leggi Ansa).
L’uomo stava inscenando una protesta politica, una forma di disobbedienza civile, guidando per le strade della città e urlando con un megafono che la pandemia non esiste e che la gente doveva uscire e ricominciare a vivere.
Fermato dai carabinieri, invece di essere multato, identificato o portato in caserma, si è scelta la strada del trattamento sanitario obbligatorio. Nonostante non stesse opponendo resistenza, Dario Musso è stato sedato da tre operatori sanitari.
I medici che sono intervenuti insieme ai rappresentanti delle forze dell’ordine avrebbero dichiarato, sull’apposito modulo prestampato della proposta di TSO, come il soggetto in questione presentasse uno “scompenso psichico e agitazione psicomotoria”, sebbene dalle immagini video non risultasse nessuno scompenso psicomotorio e il ragazzo apparisse lucido e tranquillo.
Le immagini video che ritraevano il trentatreenne inerme atterrato dagli agenti e sedato a forza hanno fatto il giro del web, provocando sdegno e preoccupazione.
Claudio Messora ha dedicato su Byoblu ampio spazio al caso e in una puntata ha fatto intervenire il fratello di Dario, l’avv. Lillo Massimiliano Musso: questi, documentazione alla mano, ha spiegato che per ben quattro giorni è stato impossibile ai famigliari di Dario riuscire non solo a vedere il ragazzo ma persino a parlare con lui dopo il ricovero coatto presso l’ospedale di Canicattì, al punto che i genitori avevano iniziato a credere che il figlio potesse essere morto. (Guarda la puntata di Byoblu).
Il caso di Beate Bahner
Senza entrare nel merito della vicenda, è da segnalare un precedente altrettanto inquietante che è avvenuto in Germania a metà aprile e che ha riguardato l’avvocatessa di Heidelberg, Beate Bahner, molto critica con le misure prese dal governo per la quarantena da Coronavirus. (Leggi articolo)
Come riporta l’HuffingtonPost, dopo essere stata fermata dalla polizia di Mannheim, l’avvocatessa era stata portata come misura precauzionale in un reparto psichiatrico, qui poi era stata fatta visitare da un medico e sottoposta a un TSO.
La Bahner aveva fatto notizia per aver sostenuto che «il virus è innocuo per il 95% della popolazione» e per aver tentato di organizzare delle manifestazioni in tutto il Paese per la cancellazione delle misure contro la quarantena, giudicate eccessive e in grado di mettere “a rischio la protezione dei fondamentali diritti umani e la tutela dell’ordine libero e democratico nella Repubblica Federale della Germania”.
Ora, le posizioni e le dichiarazioni di Bahner e Musso possono essere opinabili, ma rimangono appunto opinioni.
La patologizzazione del dissenso
La creazione di una sorta di “terrore sanitario” sta diventando il grimaldello per scardinare le libertà individuali e stringere le maglie del controllo sociale.
Ci dobbiamo chiedere se la biosicurezza non ci stia portando verso una dittatura sanitaria e se non si stia tentando di patologizzare il dissenso, per poter intervenire in maniera coatta e creare un pericoloso precedente: trattare e ospedalizzare i dissidenti.
Nella società del politicamente corretto coloro che non si allineano al pensiero unico vengono da tempo denigrati, perseguitati e marchiati con etichette diverse tuttavia sempre denigratorie, per incasellare appunto il dissenso; ora però, a quest’opera capillare di discredito, si affianca il tentativo di curare i dissidenti per riportare costoro sul giusto binario e poterli riaccogliere nella società.
Per chi sgarra la prima sanzione è l’avvertimento sul web tramite le armate di haters e cyberbullisti (leggi articolo). Si passa poi all’esclusione dal dibattito, infine alla punizione (leggi articolo). Ora persino all’accusa della patologia psichiatrica e all’internamento.
Nell’ultimo anno abbiamo assistito a inquietanti precedenti, dalla creazione della nuova espressione “sovranismo psichico” (leggi mio articolo) alla proposta di una ricercatrice dell’Istituto italiano di tecnologia di utilizzare scariche elettriche o magnetiche per influenzare il cervello e curare gli stereotipi e i pregiudizi sociali (leggi articolo).
Ci troviamo di fronte a un atteggiamento paternalistico, autoritario e scientista del potere che mira a ottenere cieca obbedienza da parte dei cittadini e nel caso che questi si rifiutino di sottomettersi in modo acritico, di poter correggere il comportamento e il pensiero di costoro attraverso la psichiatria o la tecnologia.
Il totalitarismo dei buoni sentimenti (“buoni” solo in apparenza) ha i suoi cani da guardia pronti a riportare all’ovile chiunque dissenta od osi manifestare pubblicamente dei dubbi. Oggi la psicopolizia sembra pronta a elaborare nuovi strumenti degni di una psicodittatura.
Si vuole neutralizzare la coscienza critica e censurare qualunque forma di dissidenza.
Chi dissente va censurato, deve arrivare a vergognarsi non solo di quello che ha detto ma di quello che ha “osato” pensare.
Potrà pertanto essere riaccettato nella comunità solo a patto di umiliarsi, di chiedere pubblicamente perdono, di sottoporsi a cure psichiatriche per guarire da una malattia che il totalitarismo progressista spera di curare: pensare in modo libero e critico.
Per approfondimenti:
Ascolta il podcast di questo articolo: