Enrica Perucchietti – Blog

Giornalista e scrittrice. Ciò che le TV e i media non ti dicono

Nella società del politicamente corretto coloro che non si allineano al pensiero unico vengono denigrati, perseguitati e marchiati con etichette diverse tuttavia sempre denigratorie: è un “complottista” o un “fascista”, si dirà se devia dal binario unico, è un “omofobo” se critica il gender, un “retrogrado” o un “neoluddista” se si mostra critico nei confronti dell’esaltazione per tutto ciò che è tecnologico, ecc.

Si coniano sempre nuove etichette in cui incasellare i dissidenti e si far ricorso alla neolingua per rendere sempre più difficile non solo esprimersi liberamente, ma persino pensare.

La violenza del pensiero unico scardina anche il linguaggio che perde la sua originalità: si parla in continuazione, comunicando instancabilmente il nulla. Il linguaggio viene anche volutamente svuotato e “riscritto” dai burocrati del politicamente corretto, seguendo i diktat della neolingua orwelliana. Perdendo la sua dimensione simbolica e svuotando i termini del proprio originale significato, vietando persino l’utilizzo di alcune parole o introducendone di straniere, si impedisce di fatto all’uomo di pensare, permettendogli semmai di comunicare solo concetti che siano in linea col pensiero unico. Le deviazioni dall’ortodossia, come vedremo, vengono represse o punite.

 

Un nuovo psicoreato: il sovranismo psichico

Coniata un anno fa dal Censis, secondo cui gli italiani sarebbero sempre più “cattivi”, l’espressione “sovranismo psichico” sta iniziando ad affermarsi tra i paladini del pensiero unico come arma per intimidire gli avversari. Alludendo alla situazione politica italiana, il Censis nel suo 52° rapporto utilizzava l’espressione “sovranismo psichico” per spiegare la caccia paranoica al capro espiatorio (leggi qua il rapporto del Censis).

Una mossa geniale: un istituto raccoglie di ricerca socio-economica analizza dei dati, questi vengono “interpretati” e poi utilizzati a cascata, seguendo il principio di autorità, da eminenti personaggi (tra cui psicanalisti e psichiatri) in sedi non ufficiali per convalidare e sdoganare nell’opinione pubblica l’idea che esista effettivamente una patologia ben definita che sta colpendo sempre più italiani.

Si vuole affermare l’esistenza di un disturbo patologico per denigrare e persino censurare le voci critiche e alternative. Insomma, se sei critico nei confronti della globalizzazione, potresti essere affetto dal morbo del sovranismo psichico.

Dovremmo chiederci quanto ci vorrà affinché la nuova patologia finisca nel DSM e venga “curata” tramite internamento.

Ne hanno parlato Luciano Casolari dal suo blog sul Fatto Quotidiano, Massimo Recalcati, secondo cui «siamo di fronte a una patologia del confine», Sergio Romano che ha intitolato un suo libro L’epidemia sovranista, e perfino la Treccani che ha inserito una voce a esso dedicata: «Atteggiamento mentale caratterizzato dalla difesa identitaria del proprio presunto spazio vitale». Sì perché difendere i confini e le proprie radici, accettare l’esistenza di limiti, criticare la società liquida, lo sradicamento costante e la spersonalizzazione dell’individuo, è diventato un morbo da contrastare e curare. Il potere ci vuole liquidi, a-morfi, cioè senza forma, più facilmente manovrabili e controllabili. Dei cittadini fluidi e docili che non diano fastidio, perennemente distratti e passivi dinanzi agli eventi.

 

 

La voce “sovranismo psichico” sulla Treccani on line

Se la violenza è quella dei buonisti

Non basta dunque aver distorto la nozione di “sovranismo”, trasformandola in un sinonimo di “nazifascismo”, finendo per utilizzarla come arma per dileggiare i “dissidenti”.

Ora si passa alla patologizzazione del dissenso, che viene ridotto a deviazione mentale, secondo una prassi intimidatoria, da psicopolizia orwelliana.

Ora, qua non importa se uno in effetti si riconosce nel sovranismo, oppure, ma la modalità schizoide e violenta con cui il Sistema si abbatte ferocemente contro chi si permette di dissentire.

Il paradosso è che la violenza proviene proprio da coloro che si ammantano di slogan buonisti e si infarciscono la bocca di mantra politicamente corretti.

Il totalitarismo del buoni sentimenti (“buoni” solo in apparenza) ha i suoi cani da guardia pronti a riportare all’ovile chiunque dissenta od osi manifestare pubblicamente dei dubbi. Si vuole neutralizzare la coscienza critica e censurare qualunque forma di dissidenza. Per chi sgarra la prima sanzione è l’avvertimento sul web tramite le armate di haters e cyberbullisti. Si passa poi all’esclusione dal dibattito, infine alla punizione. Ora persino all’accusa della patologia psichiatrica.

Chi dissente va censurato, deve arrivare a vergognarsi non solo di quello che ha detto ma di quello che ha “osato” pensare. Potrà pertanto essere riaccettato nella comunità solo a patto di umiliarsi, di chiedere pubblicamente perdono, di sottoporsi in futuro a cure psichiatriche per guarire da una malattia che il totalitarismo progressista spera di curare: pensare in modo libero e critico.

Denigrando e perseguitando gli intellettuali e le menti critiche si spera così di disincentivarli dal continuare le loro ricerche. Se questi si ostinano a continuare, verranno puniti attraverso le sempre più numerose norme e attraverso l’introduzione del reato d’opinione (la battaglia sulle fake news e la strumentalizzazione dell'”odio” serve anche a questo).

Il politicamente corretto è divenuta una vera e propria ideologia che riscrive la lingua, indica una morale a cui sottostare e riprogramma le menti e i comportamenti delle masse.

Lo scopo di questa rivoluzione non solo culturale ma antropologica è modellare un’umanità docile, spersonalizzata, terrorizzata dal potersi esprimere liberamente, progressista, asservita ai miti del consumo compulsivo, schiacciata sotto il peso dell’indifferenziazione, votata a rivendicare diritti individuali a scapito di quelli sociali e collettivi, convinta che ciò che è nuovo sia sempre migliore del vecchio, liquida persino nella propria identità sessuale.

Chi non accetta questa ideologia, rischia ora di finire etichettato come un malato psichico. Un destino degno della peggiore distopia.

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